I termini rebranding e restyling vengono facilmente confusi tra chi non frequenta il mondo pubblicitario. Capita spesso che il titolare di un’impresa si rivolga ad un’agenzia di comunicazione chiedendo un rebranding del proprio logo, salvo poi scoprire in corso di colloquio, che sta parlando di un semplice restyling.

 

Uguali ma diversi: marchio e logotipo

Per comprendere meglio le differenze, bisogna partire col definire in maniera esatta i termini marchio e logotipo.

 

Il marchio è la convenzione simbolica per cui a ogni prodotto o istituzione corrisponde un segno grafico, ed è stato ritenuto da molti (specialmente tra i progettisti del dopoguerra) la quintessenza del graphic design, poiché riassume in sé le condizioni fondamentali della comunicazione visiva: identificare, informare, presentare e promuovere.

Riccardo Falcinelli – Critica portatile al Visual Design (Einaudi)

 

Un marchio è l’unione di un simbolo e di un lettering (composizione artistica di lettere) che racchiude un solo significato. Capita nei brand molto noti, che simbolo e lettering siano capaci di coesistere separatamente senza perdere d’efficacia. Che voi vediate la scritta Nike o il solo swoosh (nome esatto del famoso “baffo”) nulla vi farà dubitare che si tratti sempre e comunque di Nike.

Vengono invece definiti logotipi (o logogrammi) i marchi costituiti da sole lettere, dove il lettering è così ben connotato da non aver bisogno del supporto di un simbolo. Esempi noti sono la scritta bianca e rossa di Coca-cola o quella multicolor di Google.

 

Pulire, svecchiare, reinventare

Il rebranding è un’iniziativa di marketing strategico che ha come obiettivo il riposizionamento sul mercato del valore di un brand già esistente. Può essere di tipo evolutivo (o parziale), cioè dove le modifiche si applicano gradualmente di volta in volta, oppure rivoluzionale, dove i cambiamenti sono macroscopici. Ciò che accomuna queste due forme è la costruzione di una nuova immagine coordinata accompagnata da un approfondito studio preliminare.

Esempi famosi di rebranding del marchio

Che sia lieve o più invasivo, ogni rebranding deve analizzare il rapporto tra i rischi e i benefici, soprattutto se si tratta di marchi con una consolidata identità aziendale o con una percentuale alta di clienti fidelizzati.  Può intervenire su nome, logotipo, tone of voice, mission, vision o value. Una buona attività di brand strategy sa accompagnare il pubblico verso il cambiamento mentre un rebranding affrettato rischia di disorientarlo.

Se immaginiamo il rebranding come un intervento che va dalla demolizione e ricostruzione di un palazzo al restauro della facciata principale, il restyling è una passata di vernice. In base alle esigenze dell’azienda, può rappresentare una soluzione indipendente o uno step del processo di rebranding.

Un caso comune riguarda l’obsolescenza grafica di un logo. Un processo naturale frutto dell’evoluzione del design pubblicitario: esattamente come gli smartphone hanno bisogno di aggiornare il sistema applicando una variazione all’interfaccia, allo stesso modo un logo ha bisogno di aggiornarsi dopo un certo numero di anni. Spesso un restyling apporta cambiamenti minimi, se non addirittura impercettibili.

 

Le infinite possibilità del fare rebranding

Esempi famosi di restyling

Non sempre il rebranding entra in scena nei momenti di difficoltà di un’azienda o quando ha delle carenze di immagine. Esiste un tipo di rebranding, definito proattivo, che si presenta come una semplice opportunità di miglioramento delle performance, anche quando queste sono già alte. Può nascere dal bisogno di consolidare il rapporto coi propri consumatori o dall’aspirazione di coinvolgere nuovi target e mercati. In questi casi, è importante che il marchio sappia mantenere una coerenza tra l’evoluzione del business e la sua brand identity.

 

Anche una squadra di calcio è un brand

Un esempio di rebranding proattivo riguarda le modifiche di stemmi delle squadre di calcio. Quando una società sceglie di rinnovare il proprio logo non lo fa solo per scongiurare la perdita di tifosi. Il tifo calcistico è la somma di tantissime variabili più o meno complesse, dove entrano in scena fattori come identità culturale, storia familiare e senso di appartenenza a determinati luoghi e valori.

Ma ci sono casi in cui il passaggio del testimone da un patron ad un altro, l’acquisto di un giocatore dal profilo internazionale o l’arrivo di nuovi sponsor, deve essere supportato da un cambio d’immagine che renda il marchio più appetibile e immediatamente riconoscibile.

È la scelta adottata in tempi recenti da Juventus ed Inter per incrementare le entrate dai mercati asiatici e statunitensi ed acquisire un nuovo tipo di supporters. Il tifoso d’oltreoceano non è “schiavo” della fedeltà incondizionata, spesso sceglie una squadra per il suo prestigio ed è attratto dal fascino del merchandising, al punto da potersi definire “più consumatore che tifoso”.

Il rebranding di Inter e Juventus

Nel 2017 mentre lavorava al nuovo logo della Juventus, Manfredi Ricca, Chief Strategy Officer EMEA & LatAm di Interbrand, ha dichiarato:

 

Il brand è il punto d’incontro tra passione e business, è un catalizzatore di crescita dalla gestione particolarmente complessa, soprattutto per una squadra sportiva: il calcio è l’unica categoria in cui la fedeltà non è mai messa in discussione. La performance può essere negativa, i giocatori possono cambiare ma il brand, inteso come sintesi di valori, rimane immutato.

 

Facis de necessitate virtutem: il rebranding reattivo

Diversamente, il rebranding reattivo si presenta come risposta ad eventi specifici. Possono essere l’ingresso di nuovi competitor nel mercato, danni alla brand reputation, fusioni, acquisizioni e scissioni aziendali.

È il caso della Federal Express Corporation che, nel 1994, comprende di dover abbreviare il proprio nome per renderlo facilmente memorizzabile. Da uno studio del designer Lindon Leader nasce così il logo di FedEx, ad oggi la società di trasporti più importante del mondo. Nel corso degli anni, il logogramma ha vinto più di 40 premi internazionali. Per il Rolling Stone Magazine si tratta di uno degli otto migliori loghi degli ultimi 35 anni, insieme ad Apple, Coca-Cola, Nike, IBM, Starbucks, McDonald’s e Playboy.

Rebranding di FedEx